In questi giorni di siccità fioccano i consigli per risparmiare acqua a livello domestico, com’è giusto che sia, ma in pochi sanno che il consumo idrico per uso civile incide solo per il 10% sul totale dell’acqua dolce utilizzata per le attività umane. A farla da padrone, in tal senso, è ovviamente l’agricoltura, che per uso irriguo ne consuma quasi il 70%, seguita dall’industria con un altro 20%.
Il problema, tuttavia, va oltre alla grave siccità che sta colpendo l’Italia negli ultimi mesi. Negli ultimi 50 anni la quantità di acqua dolce che consumiamo è triplicata e si prevede che aumenterà ancora del 50% entro il 2050. Come per tante altre risorse del nostro pianeta, insomma, l’acqua è sovra-sfruttata e l’uso che ne facciamo supera regolarmente l’offerta “sostenibile” disponibile in natura. Se aggiungiamo il fatto che solo l’1,2% dell’acqua dolce della Terra si trova in superficie, mentre il 68,7% è racchiusa in ghiacciai e nelle calotte polari e il 30,1% nelle falde sotterranee, possiamo comprendere meglio le difficoltà di soddisfare le sempre più esose esigenze umane.
NUOVE SOLUZIONI CONTRO LA SICCITÀ?
In diverse parti del mondo si stanno studiando nuove soluzioni per fronteggiare la scarsità idrica, da metodi d’irrigazione più intelligenti e data-oriented allo scavo di nuovi pozzi per raggiungere le falde acquifere profonde. La dissalazione dell’acqua marina è già praticata con successo in alcune zone del mondo: Israele, ad esempio, ha in funzione 4 impianti di dissalazione che garantiscono il 40% dell’approvvigionamento nazionale, mentre Barcellona, con un sistema ibrido fatto di 2 potabilizzatori e 2 dissalatori, riesce ad assicurare l’acqua potabile a 5 milioni di abitanti e a più di 8 milioni di turisti l’anno. Tuttavia dissalare l’acqua ha un costo energetico importante, che deve essere sostenuto da un adeguato livello di sviluppo tecnologico per risultare conveniente in termini di efficienza e sostenibilità.
A livello individuale ci sono alcune cose che si possono fare per contribuire al risparmio idrico come, ad esempio, preferire merci e alimenti che non comportino per la produzione l’uso di ingenti quantità d’acqua. Sappiamo bene, ad esempio, che l’industria della carne e gli allevamenti intensivi richiedono ampie risorse idriche per il loro funzionamento. Una delle possibili soluzioni, infatti, potrebbe essere quella di consumare un po’ meno carne, così che il comparto potrebbe gradualmente ridimensionarsi e gli agricoltori potrebbero puntare su coltivazioni diverse da quelle di mais e soia – usate prevalentemente per produrre mangime per gli allevamenti intensivi – creando così nuovi spazi e opportunità per lo sviluppo di soluzioni alimentari più sostenibili.
ACQUA E PRODUZIONE DI ENERGIA
Anche perché la carenza d’acqua dolce non incide negativamente solo sulle colture e l’ambiente, ma anche sui nostri stili di vita. Corsi d’acqua e bacini in secca, infatti, comportano anche un calo nella produzione energetica. È il caso delle centrali termoelettriche di Moncalieri, Sermide e Ostiglia o quella idroelettrica di Isola Serafini, ferme da quando il livello delle acque del Po è sceso a tal punto da non poter essere usate per raffreddare gli impianti o per generare energia.
Fonte: Il Sole 24 Ore
O come in Francia, dove pochi giorni fa EDF ha avvisato che potrebbe dover tagliare la produzione di energia dalle centrali nucleari a causa dell’eccessivo abbassamento dei corsi d’acqua usati per il raffreddamento.
Anche la generazione idroelettrica, ovviamente, soffre della carenza d’acqua. Come in Liguria, dove Tirreno Power è il primo gestore di impianti idroelettrici, con una capacità complessiva, tra centrali ad acqua fluente e a bacino, di circa 75 MW: “La nostra produzione 2022 (gennaio-maggio) è pari a circa il 24% della media decennale. Nell’ambito della regione, le condizioni di riduzione della produzione a causa della siccità sono piuttosto variegate. Ad esempio, gli impianti sul Bormida (sub-affluente del Po in area Savona/Alessandria) hanno avuto una produzione del 10% rispetto alla media decennale mentre gli impianti del levante ligure sono circa al 40%. Considerando la produzione di questi ultimi giorni, nel mese di giugno siamo al 20-25% del livello medio riferito allo stesso periodo”. Ne parliamo in questo articolo de “Il Fatto Quotidiano“
IL RISCHIO BLACK-OUT
Meno energia equivale a problemi di approvvigionamento energetico per le aziende e possibili black-out per cittadine e cittadini.
Non basterà qualche giornata di pioggia per migliorare questa situazione. Il cambiamento climatico porterà con sé sempre più spesso inverni e primavere siccitose, seguite da estati torride e da precipitazioni dal carattere via via più temporalesco. Compito nostro sarà allora quello di rallentare il più possibile questo processo, con stili di vita più sostenibili, nuove tecnologie per non sprecare l’acqua dolce che abbiamo a disposizione, coltivazioni intelligenti e una transizione energetica non più procrastinabile.