Ripensano solo a qualche anno fa, quando le nostre vite “reali” non erano così legate a quelle “virtuali” ci potremmo chiedere cosa facessimo con quel tempo a disposizione che oggi passiamo su diversi social e piattaforme di intrattenimento.
Attualmente il nostro stile di vita si è sempre più frammentato in brevi momenti in cui ci dedichiamo a una moltitudine di attività diverse, online e offline, il cui confine è diventato sempre meno definito, fino a diventare un unico stream di esperienze. Nel tempo di un paio di minuti siamo diventati capaci di rispondere a un messaggio su WhatsApp, chiacchierare con un collega e leggere le ultime notizie su quotidiani online. Tutto ciò, ma è un’ovvietà, ha vantaggi e svantaggi: se da un lato siamo sempre più connessi gli uni alle altre, dall’altro lato la nostra capacità di concentrazione o di memorizzazione è cambiata, e non sempre in meglio.
«Imagine a world where we’ll live, work, think, create, play, and connect beyond the 2D screen. This is going to be fun.»
Mark Zuckerberg sul Metaverso
NASCE META
Pensate ora a cosa potrebbe succedere se lo scenario immaginato da Mark Zuckerberg dovesse avverarsi: nell’arco di cinque anni il creatore di Facebook ha calcolato che tutti avranno accesso a un Metaverso, un mondo virtuale in cui, tramite avatar, potremo seguire corsi di aggiornamento, acquistare prodotti o servizi, visitare mostre o semplicemente conversare con avatar di amici e conoscenti. L’avvio dell’operazione è partito dal rebranding di Facebook, che a ottobre 2021 è diventato ufficialmente Meta Platforms Inc., in breve Meta. In pratica, si passerà da un social network in 2D a un Metaverso in 3D, un ambiente virtuale in cui si potrà entrare, invece che limitarsi a osservarlo tramite uno schermo.
Ripercorrendo ai prodotti della cinematografia post nuovo millennio, c’è da dire che almeno nel mondo della fiction qualcuno aveva già provato ad immaginarlo. In Ready Player One, il film di Steven Spielberg di qualche anno fa, ad esempio la popolazione mondiale, circondata da un mondo reso pressoché invivibile dal cambiamento climatico, si rifugiava nell’universo virtuale di OASIS, dove i problemi reali semplicemente non esistono più. In Matrix, delle Wachowski, lo scenario è rovesciato: mentre gli esseri umani sono prigionieri delle intelligenze artificiali ribelli in una sorta di incubatrice per produrre energia, i loro avatar vivono una vita fittizia nel mondo di oggi.
Oggi quegli scenari, che ci sembravano così fantascientifici, appaiono un po’ meno lontani. E nel futuro prossimo potremo davvero entrare in un Metaverso per seguire un corso di cucina, fare una vacanza in un paese lontano o darci appuntamento con l’agente immobiliare per visitare la casa di cui abbiamo visto l’annuncio online. Il tutto senza muoversi dal proprio divano, connessi semplicemente da un dispositivo a un mondo parallelo abitato da altri avatar come noi.
QUANTO È SOSTENIBILE?
Resta da capire quanto questo universo virtuale possa essere sostenibile, non solo per il nostro stile di vita già pesantemente influenzato dalle nuove tecnologie, ma anche per il consumo energetico che comporterebbe. Per creare il Metaverso di Meta è stato costruito un supercomputer ad hoc, l’AI Research SuperCluster – in breve RSC –, che secondo Mark Zuckerberg è già uno dei super processori per l’AI più veloci al mondo. Con i suoi 760 sistemi Nvidia Dgx A100 per un totale di 6.080 Gpu che lavorano all’unisono per costruire e sorreggere il Metaverso, RSC raggiungerà una volta completato i 16.000 Gpu diventando il computer più potente al mondo.
Un supercomputer del genere necessita di grandi risorse energetiche e la situazione peggiorerà quando il Metaverso si amplierà. Se consideriamo poi che Meta non è l’unica azienda interessata a lanciare il proprio universo virtuale, ma che ci stanno lavorando anche Microsoft e numerose imprese videoludiche, possiamo immaginare che questo dispendio energetico sia destinato a crescere esponenzialmente. D’altronde lo avevamo già capito con i Bitcoin, e le correlate attività di mining, che le attività virtuali consumano energia reale. Lo vediamo con i server, che necessitano di ambienti freddi per funzionare correttamente, ma anche con il semplice traffico di dati, se si pensa che l’energia necessaria per una e-mail con un allegato di grandi dimensioni può generare fino a 50 grammi di carbonio in emissioni.
E il problema che ruota intorno alle nuove tecnologie è ancora più preoccupante perché all’orizzonte non c’è la possibilità di consumare meno energia, ma solo soluzioni di natura compensativa, come l’acquisto di pacchetti verdi per bilanciare le proprie emissioni di CO₂ e il generico impegno di investire sulle fonti rinnovabili. A mancare, insomma, è una soluzione e una visione complessiva che permetta il mantenimento dei sempre più numerosi data center che sorreggono il nostro universo digitale.
Anche per questo notizie come il lancio di Horizon Worlds (il Metaverso di Meta) o la recente impennata di transazioni di Non-Fungible Token – i famosi NFT che consentono la vendita di opere d’arte digitali – dovrebbero farci riflettere sulla necessità di sviluppare di pari passo con le nuove fantasmagoriche tecnologie digitali le tecnologie energetiche per farle funzionare. Perché altrimenti rischiamo che lo scenario futuro più probabile invece che tridimensionale sia semplicemente al buio.