Quella delle comunità energetiche è una storia nuova e, allo stesso tempo, secolare. L’accelerazione delle rinnovabili e la rivoluzione digitale del settore energetico hanno portato nuova attenzione su questo paradigma, che non era mai stato regolamentato prima, rendendola una delle soluzioni percorribili per far fronte alle problematiche indotte dalla crisi energetica. Una vera rivoluzione del lessico dell’energia, delle sue regole, della sua struttura di mercato e un nuovo ruolo anche per i consumatori, più coinvolti e responsabilizzati.
COSA SONO LE COMUNITÀ ENERGETICHE?
Per comunità energetica si intende un gruppo di soggetti che si uniscono per autoprodurre, consumare e condividere energia. Sono generalmente associate a fonti di energia rinnovabile, soprattutto fotovoltaico, e prendono quindi il nome di CER, cioè comunità energetiche rinnovabili.
La vera grande novità, rispetto al passato, è la possibilità di accumulare e scambiare energia direttamente tra privati. Quindi l’energia prodotta da un piccolo impianto, viene consumata quando serve e condivisa con i soggetti che partecipano alla comunità sviluppata in prossimità dell’impianto.
L’OTTICA DEL PROSUMER
Probabilmente la vera rivoluzione è quella della comparsa del prosumer, cioè del consumatore che diventa anche produttore e crea un tessuto di condivisione e responsabilità, una rete locale di benefici condivisi.
È proprio la rete che si viene a creare a rappresentare il nuovo paradigma. Le comunità energetiche vanno oltre la soddisfazione del fabbisogno energetico, incentivando la nascita di nuovi modelli socioeconomici caratterizzati dalla circolarità. In una comunità energetica i soggetti sono impegnati nelle diverse fasi di produzione, consumo e scambio dell’energia, secondo i principi di responsabilità ambientale, sociale ed economica e partecipazione attiva in tutto il processo energetico.
In questo modo i consumatori passivi (consumer) si trasformano in consumatori attivi e produttori (prosumer), in quanto sono dotati di un proprio impianto per la generazione di energia elettrica per l’autoconsumo, cedendo la parte di energia in eccesso al resto dei consumatori attraverso la rete. In futuro, con l’avanzamento della tecnologia, questa circolarità potrebbe essere aumentata anche dall’inserimento nel circuito della comunità di sistemi evoluti di storage per l’accumulo dell’energia elettrica non immediatamente utilizzata, che in assenza di accumulo andrebbe rilasciata in rete.
UN PO’ DI STORIA, UN PO’ DI FUTURO
Oggi si parla molto di più di comunità energetiche, dopo le Direttive europee che hanno iniziato a regolamentare questo metodo di consumo di energia, ma in realtà la loro storia è molto più antica, anche in Italia.
Nel 1897 la Società Elettrica di Morbegno, in Valtellina, divenne già una prima comunità energetica e ancora oggi è una cooperativa che fornisce 13 mila utenze con energia di origine quasi totalmente idroelettrica. Nei decenni, sono state molte le iniziative di piccole comunità che si mettevano assieme, spesso per portare per la prima volta l’elettricità su un territorio. Molte di queste cooperative esistono ancora oggi e, quasi sempre, sono nate intorno a una diga, mentre le nuove comunità energetiche possono disporre anche delle nuove tecnologie eoliche e fotovoltaiche.
Nel nuovo quadro europeo sono già in tanti però i nuovi progetti ad avere aderito alla Direttiva Europea RED II del 2018. Se ne contano una trentina a fine 2021, praticamente in tutta Italia.
Ma Italia sembra ancora indietro: già nel 2019 un report JRC (il Joint Research Centre della Commissione Europea) contava (approssimativamente) 1750 comunità energetiche in Germania, 700 in Danimarca, 500 nei Paesi Bassi, 70 in Francia. Esempi tutti diversi, dove si possono trovare interi villaggi a bioenergia, co-housing, cooperative, così come ogni forma di energia rinnovabile per alimentarli.
L’identità stessa della Comunità energetica non è facile da classificare, né da regolamentare. In una guida apposita l’Enea ha stimato che in Europa entro il 2050 ben 264 milioni di cittadini europei potrebbero diventare dei prosumer, arrivando a produrre fino al 45% dell’energia rinnovabile del sistema, e un ruolo di primo piano sarebbero ovviamente proprio quello delle CER, basate su logiche di autoconsumo collettivo. Così tante esperienze del nuovo da far vacillare uno sforzo classificatorio.
Per questo è utile mettere dei punti fermi su cosa è (e cosa non è), in base alle direttive europee e alle norme italiane, una comunità energetica.
LE CARATTERISTICHE E I VINCOLI DI UNA COMUNITÀ
Chi può far parte di una comunità energetica? Possono partecipare persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali (comuni compresi). La partecipazione è sempre libera e volontaria e si può lasciare la comunità quando si vuole.
Legalmente è un soggetto giuridico autonomo e controllato dai suoi azionisti o membri caratterizzati dalla prossimità agli impianti di produzione dell’energia.
Lo scopo della comunità è quello di ottenere dei benefici che siano economici e sociali, ma che portano con sé anche la qualità dei servizi e i benefici ambientali.
I limiti, pur resi meno stringenti dal D. Lgs 199/2021, esistono: gli impianti non devono superare 1 MW di potenza e devono tutti essere connessi alla rete elettrica tramite la stessa cabina primaria. Quest’ultimo vincolo definisce in qualche maniera l’area di riferimento di una comunità energetica, orientativamente non più grande del bacino di 3 o 4 piccoli comuni o di 2 o 3 quartieri di una grande città.
Con una novità recente si è deciso anche di includere nel perimetro anche impianti da fonti rinnovabili già in esercizio, ma questi non possono coprire più del 30% della potenza complessiva degli impianti della comunità.
COMUNITÀ ENERGETICA, I VANTAGGI E GLI INCENTIVI ECONOMICI
La spinta europea e nazionale su questo modello di autoconsumo diffuso basato sulle rinnovabili prevede ovviamente dei meccanismi premianti. Si tratta di incentivi in aggiornamento ed evoluzione, con meccanismi regolati dall’ARERA e dal Ministero dell’Ambiente e che prevedono un premio fisso per l’energia prodotta dall’impianto condiviso che la comunità riesce ad autoconsumare. Si tratta di una vera e propria rivoluzione anche dal punto di vista della concezione del sistema incentivante, passando dai tradizionali meccanismi basati sul livello di produzione ad uno basato sul livello di consumo.
UNA PROIEZIONE NATURALE VERSO L’EFFICIENZA E LA TRANSIZIONE
Gli obiettivi di transizione energetica dell’Unione Europea, dall’Accordo di Parigi al target di neutralità carbonica nel 2050, hanno fatto da sfondo al quadro normativo delle nuove comunità energetiche e le integrano naturalmente con i nuovi modelli di consumo, generazione e movimento.
Come indicato anche dalla recentissima Comunicazione della Commissione Europea sulla digitalizzazione, gli strumenti digitali svolgono un ruolo importante nello sviluppo dei sistemi collettivi di autoconsumo e delle comunità energetiche.
Dalle tecnologie digitali che in abbinamento alla smart home permettono di monitorare e ridurre i consumi per una maggiore efficienza energetica al controllo della ricarica tramite colonnina di auto e monopattini elettrici, fino all’intelligenza artificiale applicata a modelli predittivi di consumo e generazione.
COMUNITÀ ENERGETICHE E DIGITALIZZAZIONE
Tutto questo ovviamente integrato o integrabile con le piattaforme specifiche della comunità energetica che normalmente forniscono servizi e dati anche in ottica di un progresso condiviso dei modelli di consumo. Basta pensare che le comunità energetiche rinnovabili si basano sul concetto di smart grid, ovvero una rete intelligente (cioè digitalizzata), il cui scopo è quello di ottimizzare la gestione energetica e quindi renderla più efficiente. L’infrastruttura è costituita da una rete che collega tutti i soggetti della comunità energetica, monitorata e controllata da tecnologie digitali all’avanguardia per ottimizzare la fase di produzione con quella di consumo e scambio dell’energia attraverso soluzioni software innovative. Attraverso queste applicazioni, il partecipante alla Comunità può capire quando è più conveniente programmare i propri consumi, in base alla produzione attesa dell’impianto condiviso, e può stimare i costi attesi della propria fornitura energetica.
Un domani, non troppo lontano, gli applicativi consentiranno di mettere in comunicazione direttamente gli impianti di produzione con quelli di consumo, ottimizzando i processi all’interno della Comunità e massimizzandone i benefici.
Questo futuro è già presente in Italia, ed è pronto a svilupparsi non appena sarà lanciato il nuovo quadro regolatorio e degli incentivi. Oggi programmano progetti e modelli di comunità energetiche le università e le piccole e medie imprese, le aziende agricole e i quartieri. I numeri sono ancora piccoli, anche a causa di un’evoluzione normativa che ha subito alcuni ritardi, ma sono potenzialmente esplosivi. Un’esplosione, però, a impatto zero.