No news good news

 

Sono bastati pochi giorni perché la guerra in Ucraina entrasse a fare parte delle nostre vite: le notizie di profughi in fuga, bombardamenti e tentativi diplomatici ci circondano come se ci trovassimo noi stessi bloccati in una città assediata. Sui nostri smartphone, in ogni canale televisivo, nelle chiacchiere in famiglia e tra conoscenti, l’argomento è sempre lo stesso: una guerra in Europa che nessuno credeva possibile in pieno XXI secolo. Nel turbinio di notizie che si affastellano le une sulle altre, ci ritroviamo così a scrollare in modo compulsivo sui nostri dispositivi gli ultimi avvenimenti, che quasi invariabilmente riportano di nuovi civili uccisi o dell’ennesimo fallimento diplomatico. Secondo la psichiatra Anna Lembke, direttrice del centro per la cura delle dipendenze della Stanford University School of Medicine, questa pratica in cui siamo immersi si può definire Doomsday scrolling, uno scorrimento apocalittico di cattive notizie, capace di creare una vera e propria dipendenza dalle news catastrofiche che, ahinoi, in questi ultimi tempi davvero non mancano.

 

DAPPRIMA FU LA PANDEMIA
Dapprima fu la pandemia: nella nostra impotenza di fronte a un virus sconosciuto ci rifugiammo in una implacabile sete di informazioni, che spesso si rivelarono parziali o addirittura false. Oggi, con la guerra, non solo la storia ma anche il nostro comportamento si ripete: ore e ore passate ad aggiornare l’app di news o a scrollare i post di Facebook e Instagram alla ricerca di notizie, invariabilmente non molto buone. Spesso poi, quelle a cui prestiamo davvero attenzione, sono le news che tendono a confermare il nostro pensiero. Un processo, chiamato bias di conferma, che ci spinge ad auto selezionare solo le informazioni in linea con quanto già crediamo e che porta, di conseguenza, non a una nuova conoscenza ma a un continuo e fallace rafforzamento della nostra opinione.

La prospettiva di scoprire qualcosa di nuovo, cercando senza sosta informazioni online, stimola ancora di più il rilascio di dopamina. Quando poi le informazioni possono essere molto rilevanti la cosiddetta 'paura di perdersi qualcosa', di essere tagliati fuori dal ciclo dell’informazione, detta FOMO 'Fear of Missing Out' in inglese, amplifica questi effetti. Ed è più facile diventare dipendenti.

 

FEAR OF MISSING OUT
Questa forma di dipendenza dalle cattive notizie è insomma ancora più accentuata dal fenomeno, che si verifica nel caso di avvenimenti di impatto globale – come appunto la pandemia o la guerra – della paura di perdersi qualcosa, di essere tagliati fuori da un argomento che appassiona e monopolizza l’attenzione di chiunque attorno a noi. E tale dipendenza trova un terreno molto fertile in una società dove più dell’80% delle persone possiede e usa smartphone connessi 24 ore su 24 a internet e quindi al mondo delle news.
In fondo non ci sarebbero problemi insormontabili se questa dipendenza non avesse altro effetto che una monopolizzazione delle nostre conversazioni e della nostra attenzione, ma a risentirne è anche il nostro stato mentale: ansia, incertezza e timore per il futuro possono fare capolino nelle persone più esposte al fenomeno, mentre il tentativo di arginare la propria dipendenza può portare ai classici sintomi di astinenza, come l’irritabilità, l’insonnia o la disforia.

 

STOP ALLA SETE DI INFORMAZIONE
Che soluzioni possiamo adottare per frenare questa nostra sete di informazione? La dottoressa Anna Lembke ai suoi pazienti suggerisce di provare soluzioni autolimitanti, come stabilire vincoli temporali (“leggerò notizie online per non più di un’ora al giorno”) o categorici (“consulterò solo fonti di notizie che consentono una fruizione più ponderata e meno emotiva”).
Una ricetta giusta per tutti insomma non c’è, ma ciascuno può provare, una volta individuato il problema, ad arginare il fenomeno con un po’ di semplice autodisciplina. C’è anche chi, come il guru svizzero del self-help Rolf Dobelli, consiglia di eliminare del tutto la fruizione delle informazioni veloci (spesso caratterizzate da un accattivante titolone che porta poi a un misero contenuto informativo) per dedicarsi esclusivamente alla lettura di notizie approfondite ospitate da testate verificate o da saggi sugli argomenti che ci interessano.
Per concludere, come in tante altre vicende della vita l’importante sembra essere l’equilibrio: il bilanciamento tra la nostra innata curiosità di esseri umani e la necessità di tutelare la nostra salute, fisica e mentale. Diventa allora imperativo che ciascuno riesca a costruirsi un sistema di relazioni e di informazioni che soddisfi la sua voglia di conoscere i fatti che ci circondano, senza però risultarne succube, mantenendo sempre vigile il proprio spirito critico e aperte al confronto le proprie opinioni. Cercando di ricordarsi sempre che le migliori fonti di conoscenza sono quelle che stimolano il pensiero e che cambiare idea, qualche volta, può essere anche salutare.