Immaginate migliaia di persone nello stato con più petrolio di tutto il Nord America restare senza elettricità per oltre 36 ore in uno dei mesi più freddi dell’anno. Niente riscaldamento, niente luce, niente acqua potabile, fabbriche costrette a chiudere i battenti. È quello che è successo la scorsa settimana in Texas, dove hanno dovuto mettere in pausa persino un reattore nucleare della centrale di Bay City per non incorrere in problemi ancora più gravi.
LA GESTIONE POLITICA
Il governatore repubblicano Greg Abbott non ha perso tempo a individuare nelle energie rinnovabili il principale capro espiatorio, invocando un pronto ritorno ai combustibili fossili, ma è bastato uno sguardo un po’ più attento per capire come il problema fosse molto più complesso: il Texas è, in effetti, un caso emblematico di mancata aderenza ai principi della transizione energetica. Lo stato sconta infatti l’isolamento e l’obsolescenza della propria rete elettrica (per evitare una supervisione federale decisa dal Presidente Roosevelt, lo Stato optò per una gestione completamente autonoma), un’estrema competizione sulle forniture elettriche, scarse risorse destinate a migliorare la disponibilità degli impianti e la mancanza di strumenti di pianificazione e indirizzo degli investimenti come il capacity market.
LE CRITICHE
Anche Bill Gates ha criticato duramente il governatore Greg Abbott per non aver provveduto a mettere in sicurezza le centrali dalle possibili intemperie, ricordando come le centrali a gas, che producono la maggior parte dell’energia dello stato, si siano bloccate a causa del congelamento delle condutture.
E non è mancata neanche la polemica politica con il Senatore Ted Cruz “fuggito” in Messico durante il picco della crisi e costretto a ritornare precipitosamente a Houston sotto una pioggia di critiche.
Questa serie di fattori concatenati, tanto politici, quanto tecnici, ha gettato le basi per una tempesta perfetta, che minaccia persino di far ricadere i suoi costi sui consumatori texani: in seguito ai malfunzionamenti il prezzo dell’energia ha toccato la vertiginosa cifra di 9.000 dollari al megawattora (200 volte il suo prezzo medio di 50 dollari), e c’è il rischio concreto che le prossime bollette racchiudano più di una brutta sorpresa.
Un esempio eclatante per riflettere sulla transizione energetica e sulla necessità di affrontarla in modo strutturato.