L’approvvigionamento di gas, oggi come non mai, è al centro dei dibattiti tra esperti e non del settore. Da mezzo per ottenere calore ed energia, è diventato prima un’arma politica ed economica e adesso persino un simbolo di resistenza e di indipendenza con il tentativo di liberarsi dalle forniture russe.
Ma quanto è importante il gas nel nostro mix energetico? Da dove arriva? Ed è possibile pensare di ridisegnare la mappa di questa fonte?
Il gas copre più della metà del consumo energetico delle famiglie (soprattutto come riscaldamento) e oltre un terzo dei consumi dell’industria e dei servizi.
Se si guarda all’elettricità, nel 2019, il fabbisogno italiano di 320 TWh è stato coperto per più del 43% del totale da centrali alimentate a gas.

 

LE STRADE DEL GAS
Negli anni Settanta il gas naturale copriva appena il 9% del consumo di energia primaria dell’Italia: negli anni Novanta si era già saliti al 24% e oggi siamo intorno al 35%.
La crisi energetica iniziata a metà dello scorso anno e prepotentemente acuita dalla guerra in Ucraina mette al centro dell’agenda politica proprio il tema del gas, della sicurezza degli approvvigionamenti e del suo effetto sul mercato elettrico e sull’economia di un continente che stava tentando il rimbalzo dopo il Covid-19. È per questo che la mappa della nostra rete di gasdotti è, in questi giorni, continuamente sotto osservazione per capirne limiti fisici e sfruttarne tutti gli elementi di flessibilità.
Lo scorso anno più del 38% del gas utilizzato in Italia è stato estratto in Russia. Arriva da noi attraverso il gasdotto TAG che passa da Tarvisio, non prima di aver percorso una rete di gasdotti attraverso l’Ucraina, la Slovacchia e l’Austria. Dal Friuli poi si dirama nella rete di Snam.
Dopo Tarvisio, per quantità di gas importato, viene Mazara del Vallo il punto di ingresso del gas algerino veicolato dal Transmed, chiamato ancora oggi il gasdotto Enrico Mattei.
È una condotta degli anni ’70 controllata a metà da Eni ed Sonatrach, la società petrolifera algerina, che l’anno scorso ha coperto quasi il 30% del consumo interno lordo italiano con un balzo del 76% a oltre 21 miliardi di metri cubi.

 

LE VIE DEL MARE
Anche la terza via del gas passa dal mare, questa volta con delle navi metaniere. Colossi del mare che approdano al terminal di rigassificazione di Rovigo, capace di coprire l’anno scorso circa il 10% del nostro consumo con una crescita del 7,5% sull’anno precedente. Il gas in questo caso viene soprattutto dal Qatar, che è anche il secondo socio del terminal dopo la statunitense ExxonMobil .

La vera novità energetica dello scorso anno è stata il TAP. Il nuovo gasdotto che approda in Puglia e che ha assicurato la copertura provvidenziale di un altro 10% del fabbisogno italiano. La costa leccese è il punto di arrivo di una rete che dai giacimenti nell’Azerbaijan di BP sulle coste del Mar Caspio attraversa la Georgia, la Turchia, la Grecia, l’Albania e infine l’Adriatico.
Gli altri punti di accesso hanno un ruolo minore, ma hanno comunque un loro valore strategico.
A Gela approda il gas libico del Green Stream (circa 3 mld mc) mentre a Passo Gries, località in provincia di Verbania, arriva il TENP, un gasdotto europeo della belga Fluxys.

Nel 2021 sono arrivati da questa strada poco più di 2 miliardi di metri cubi di gas (quasi il 3% della domanda), con una riduzione del 74% circa rispetto al 2020 quando Passo Gries era il terzo punto di ingresso del gas in Italia. Da qui arriva soprattutto il gas proveniente da Olanda e Norvegia, ma l’anno scorso i prezzi più convenienti di Tarvisio e del debuttante TAP hanno scoraggiato il ricorso a queste fonti che sono, peraltro, in progressivo declino.
In ordine residuale si conteggiano poi i gassificatori di Livorno (partecipato soprattutto da Snam e dal fondo australiano di proprietà giapponese FSI) e Panigaglia (Snam), in provincia di La Spezia.
C’è poi la produzione nazionale di gas: l’estrazione fatta nel nostro Paese costa circa un decimo del prezzo di riferimento del costo del gas in Europa, ma è calata del 18,6% nel 2021 riportandosi a poco più di 3 miliardi di metri cubi, appena il 4% del nostro consumo. Meglio di niente e meno delle nostre potenzialità, a causa di investimenti fermi da anni, anche a seguito di forti opposizioni locali: secondo alcune stime, bisognerebbe impiegare 2 miliardi di euro per permetterci di estrarre 10 miliardi di metri cubi all’anno per 10 anni.

 

La mappa del gas

La mappa del gas

 

LA MAPPA DA RIDISEGNARE
Questa la mappa del gas in Italia su cui si cerca di costruire una nuova geografia degli approvvigionamenti per ridurre la dipendenza dalla Russia.
A livello europeo, secondo la IEA, questa dipendenza si potrebbe ridimensionare di circa un terzo (circa 50 miliardi di metri cubi) in un anno mettendo a segno una serie di interventi che coinvolgono tutti i mercati e che vanno dall’accelerazione sulle rinnovabili, alla riduzione dei consumi fino all’ottimizzazione della prossima campagna di stoccaggio. Misure coerenti con il percorso dell’European Green Deal e quindi senza un peggioramento del quadro emissivo, ma che devono fare i conti con la necessità di trovare velocemente delle alternative, a fronte di bollette energetiche ormai a livelli critici.
Ma mentre ci si interroga su come uscire dalla crisi senza deragliare rispetto agli obiettivi ambientali, assistiamo al grande rilancio della produzione elettrica a carbone. Una fonte rivitalizzata prima da un clean dark spread (il margine di produzione al netto dei diritti di emissione) in forte crescita già nel 2021 e poi dai provvedimenti emergenziali del Governo che ne hanno decretato l’essenzialità per ridurre la dipendenza nazionale dal gas.

 

TROVARE L’EQUILIBRIO SUL FILO DELLA TRANSIZIONE
Non può trattarsi, però, che di una rinascita temporanea se non si vuole rimettere in discussione il percorso della transizione energetica.
I piani dell’Italia per il futuro prevedono l’abbandono totale del carbone entro il 2025 e l’installazione di almeno 5,4 GW di nuova capacità termoelettrica a gas rispetto al perimetro 2019. Molti impianti esistenti andranno rinnovati (magari integrando biogas e idrogeno come fattori produttivi) e, anche se gli ultimi drammatici eventi ci spingono a cercare alternative di ogni sorta, il gas come risorsa di transizione verso la decarbonizzazione rimane indispensabile a livello globale.
Allo stesso tempo, l’elettrificazione dei trasporti porterà a una crescita impetuosa della domanda elettrica che potrà essere ancora amplificata dallo switch da gas a elettricità per quanto riguarda il riscaldamento, una delle soluzioni sollecitate dalla IEA per aumentare l’efficienza complessiva del sistema e ridurre la dipendenza dalla Russia: pertanto, la nuova generazione da fonti rinnovabili dovrà necessariamente essere supportata da una quota di capacità termoelettrica a gas per rendere il sistema adeguato e bilanciarlo nei momenti in cui sole e vento non sono sufficienti per coprire la domanda.
Ma come tenere in equilibrio il sistema gestendo insieme la mappa geografica del gas e quella della transizione energetica?
A questo interrogativo del nostro tempo proveremo a dare una risposta, insieme a ospiti delle istituzioni ed esperti del settore, nel prossimo Dialogo sull’Energia di Tirreno Power: analizzeremo i nodi che presentano oggi i mercati energetici per capire quali modelli mettere in discussione e quali riforme sono necessarie per guidare la transizione nello scenario inedito e inatteso della crisi.
Con la speranza di fornire un contributo utile al dibattito pubblico sull’energia e la convinzione che le soluzioni si trovano mettendo a sistema le esperienze e le competenze di tutti.

 

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